GIORNO 4
L’azienda che andiamo a visitare è la: IBARAKI HOUSING INDUSTRY KK del gruppo Misawa, azienda di cinquanta dipendenti che si occupa della realizzazione di case prefabbricate in legno. Dall’1985 implementano con il Sensei Wakamatsu, che ci fa
l’onore di accompagnarci nella visita, il Toyota Productions System che qui prende il nome di M.P.S., Misawa Profit System.
Abbiamo studiato un piano strategico per il cambiamento, ci raccontano, che concretamente ha portato ad avere linee a flusso che producono case industrializzate ad un elevato grado di completamento. Abbiamo ridotto le scorte del 93%, aumentato la produttività per persona del 40%; dall’ingresso dell’ordine alla consegna delle pareti della casa in cantiere oggi passano undici giorni, di cui solo sette dal lancio in produzione. L’obiettivo è arrivare in breve tempo a tre giorni. Nell’ottica di ridurre sempre più i tempi di
risposta al mercato ed i costi, compresi quelli della logistica distributiva per noi molto pesanti, abbiamo avvicinato la produzione al mercato: oggi abbiamo otto stabilimenti distribuiti sul territorio, ognuno dei quali serve una sua zona di competenza, quella geograficamente più prossima. Negli stabilimenti hanno posto una grandissima attenzione alla qualità che deve essere garantita dal processo stesso poiché si parte dal principio che un qualcosa di difettoso non può passare alla fase a valle dal momento che questa è
cliente della fase a monte. Ogni operatore è anche controllore: da qui l’importanza della formazione delle risorse. Empowerment delle persone a tutti i livelli. Anche i manager hanno compiti e Skills ben definiti: creare operatori polivalenti, motivare le persone, formare la struttura e perseguire il miglioramento continuo.
All’ingresso dello stabilimento notiamo subito come tutti i materiali siano gestiti a Kanban: Hidori (Kanban di acquisto) e Shikake (Kanban di produzione). I primi sono strutturati per livelli o ad albero proprio come la letteratura insegna. Ci concentriamo sulla visita di una delle linee di produzione, la linea n° 6. Chiaramente di tratta di una linea One Piece Flow; tutti i pezzi sono seguiti dal modulo che indica il cliente di destinazione e tutte le attività da farsi su ognuna delle postazioni. È davvero incredibile se pensiamo al nostro mondo del
legno dove regnano sovrani code, lotti e stock. Le macchine qui sono semplicissime, nulla di tecnologicamente evoluto: l’input della fase di taglio è una scheda forata. Come nelle altre aziende ci sono su ogni linea gli Andon che prima, sbirciando, abbiamo visto replicati nell’ufficio programmazione. Tutte le postazioni hanno delle cordicelle da tirare in caso di qualche non conformità: queste accendono un segnale luminoso e sonoro (gingle e musichette varie che probabilmente risulterebbero indigeste ai nostri operatori) che allerta la squadra di emergenza che sa dove e di che gravità è il problema. La reazione è pressoché immediata: abbiamo fatto la prova, davvero efficace. Certo l’operatore che è corso lì probabilmente ci ha maledetti ma sicuramente non l’ha dato a vedere. Tutte le linee hanno le bacheche con il piano di formazione, il piano di produzione di oggi e domani e un focus sulle 5S. I miglioramenti sono organizzati in aree di competenza: produttività, qualità, sicurezza, ambiente e servizi dove vengono comprese le scorte, le spese generali,…
Uscendo da dove siamo entrati (le linee sono ad “U”) notiamo anche la gestione visuale del carico dei camion per la spedizione. I pezzi (le pareti della casa) che stanno per uscire dalla produzione hanno un talloncino dimensionato opportunamente: questi, quando il materiale è finito, vengono posizionati all’interno di una sagoma di bilico in scala. Quando la base del mezzo si sta per saturare viene chiamato il trasportatore. La visita è stata davvero interessante. Vedere un’applicazione così spinta del T.P.S. in un settore tipicamente a digiuno da questo tipo di logiche è stupefacente e ci fa pensare.
Osserviamo come tutte le società visitate stiano spingendo con tutte le armi del caso per ridurre il Time to Market con una quasi maniacale lotta alle attività a non valore aggiunto per il cliente. Anche nel caso odierno niente più sofisticazioni hardware e software ma uno sforzo sinergico volto ad una semplicità propedeutica all’efficacia e all’efficienza, non più produttività di fase ma di flusso a ritmo di Takt Time.
GIORNO 5
Andiamo verso sud nella prefettura di Saitama dove ci aspetta la nostra ultima azienda per poi proseguire alla volta della grande capitale, Tokyo. La nostra quinta visita è la: RICOH UNITECHNO KK. All’ingresso ci fanno togliere le scarpe: in azienda si entra solo con le ciabatte.
Il Gruppo Ricoh solo in Giappone ha quattordici stabilimenti ma è presente in tutti i continenti. Si occupa principalmente della produzione di fotocopiatrici, stampanti, fax e scanner. Partiamo dal presupposto, ci dicono, che dobbiamo meritare la fiducia dei nostri clienti, dobbiamo essere unici. Principio declinato secondo tre slogan: acqua pura (zero difetti), niente ristagni (zero fermi e scorte), mormorare di ruscello (zero muda, muri e mura). Qui diamo eguale importanza ai due tipi di Kaizen: quello bottom up e quello top
down.
Il primo, dal basso verso l’alto, è il miglioramento che viene dal Genba nel quotidiano. Ognuno deve adoperarsi nella ricerca di problemi mediante la tecnica 2Y‐1K: Yarinikui (not easy), Yarinaosu (reworking) e Ki wo tsukau (careful). Tutte queste situazioni implicano che c’è qualcosa di inusuale, non standard o sbagliato e possono essere migliorate. Gli operatori che per primi e con più facilità possono accorgersi, il “finding problem”, di tali eventi segnalano di solito a due colleghi la cosa, il “giving an idea to solve” e il “casting one’s idea into shape”. È una squadra a portare avanti il Kaizen: un operatore diretto che fa emergere il problema e due operatori indiretti, di solito responsabili di linea, che hanno il tempo e le leve per trovare ed implementare la soluzione. Una volta realizzato il Kaizen si pianifica la sua estensione a tutta la fabbrica. Così strutturati si portano a casa circa settecento Kaizen al mese, cioè piccoli miglioramenti che rendono l’attività degli operatori più semplice e a prova di errore. Una volta al mese viene premiato il Kaizen migliore. Di tutti, comunque, si dà evidenza a tutta la struttura via mail e attraverso un portale web. Qui si trovano tutte le informazioni del caso: gli attori e le soluzioni con dettagli foto e video. Grande importanza è data alla comunicazione e alla gestione visuale delle attività. Esiste un evidente concetto di Factory
Showroom, essenziale sia per i dipendenti che per i visitatoti esterni, circa duemila ogni anno.
Il secondo, dall’alto al basso, prevede il disegno di una future state ideale e la pianificazione delle attività per raggiungerla, tipicamente attraverso la lotta a Mura (irregolarità di processo), Muri (sforzi eccessivi) e Muda (sprechi). La filosofia verte sulla necessità di avere processi facili (“gentili”), di migliorare continuamente, di formare le persone in modo che queste sviluppino lo stesso miglioramento continuo. Con questi obiettivi nasce il sistema U.T.O.P.I.A.: Unitechno Total Optimization Process Improvement Activity.
Otto sono gli sprechi da eliminare: sette sono quelli ben spiegati dalla letteratura ad esclusione di “movimentazioni” che qui assume un’accezione molto più ampia di Working Motions e viene declinato in dodici sotto‐sprechi; l’ottavo è focalizzato sull’ambiente.
L’attenzione per l’ambiente in tutto il gruppo è una delle peculiarità che ci distingue dagli altri. Questa si evince da tre variabili su cui viene posta un’attenzione incredibile. Prevenzione dell’inquinamento: esiste il controllo delle sostanze chimiche in tutti i processi, a partire dalla progettazione fino alla consegna.
Risparmio energetico: le emissioni di CO2 in vent’anni si sono ridotte del 24% mediante piccole azioni come spegnere le luci quando non necessarie, e interventi più importanti come il progettare linee che consumino poco se non energeticamente indipendenti con impianti di pannelli solari. Riciclaggio delle risorse: la strategia del gruppo si chiama 5R. Non comprare cose che diverranno rifiuti (refuse, no purchase to be waste), rendere al fornitore ciò che ha fornito (return to supplier as possible), ridurre (reduce waste), riutilizzare (reuse) e riciclare (recycle). Oggi Ricoh è arrivata a produrre zero rifiuti.
A sottolineare questi principi non solo riciclano quanto possibile ma ne hanno fatto un vero e proprio business. Nel plant in cui ci troviamo, infatti, oltre a produrre fax e stampanti di grandi dimensioni, si occupano di smontare e ripristinare le stampanti di piccole dimensioni prodotte nello stabilimento cinese e vendute in Giappone. Ovviamente anche questo viene fatto in linea con lotto uno. L’80% dei materiali della stampanti che rientrano viene recuperato. Per arrivare a questo punto, ci dicono, abbiamo dovuto ragionare in quest’ottica fin dalla progettazione: i nostri prodotti devono essere facili da montare ma anche facili da smontare.
I fax vengono realizzati in linea movimentata da una catena. Agganciata alla catena c’è una serie di carrellini:
uno per l’assemblaggio del prodotto 1, uno con i componenti del prodotto 1, uno per l’assemblaggio del prodotto 2, uno con i componenti del prodotto 2,… Fuori dalla linea principale ma sincronizzati con questa vengono confezionati i pre‐assemblati che l’operatore trova a disposizione dietro di sé al momento opportuno. La movimentazione di tutti i materiali è a carico di piccoli AGV fatti in casa utilizzando pc in disuso con tecnologia elettromagnetica o ottica: questi salgono e scendono dai piani dello stabilimento utilizzando gli ascensori in autonomia. Gli operatori non si devono dunque staccare dalla linea e si possono concentrare sulle attività a valore. Oltre al solito Andon a fine linea c’è anche un orologio che indica i minuti o secondi di fermo della linea della giornata. Il flusso e l’avanzamento delle attività, ancora una volta, è chiaro e leggibile a chiunque, anche a noi che per la prima volta entriamo in questo stabilimento. Ci spostiamo a vedere (sempre in ciabatte) l’area della riconversione dei prodotti usati che rientrano dal mercato. Tutto è organizzato allo stesso modo. I prodotti vengono smontati, i componenti puliti e ripristinati.
GIORNO 6
Qualcuno si dà appuntamento alle cinque di mattina per visitare il mercato del pesce (Tsukiji Market), il più grande del mondo. La maggior parte del gruppo va al quartiere dell’elettronica (Akihabara).
Altra tappa la torre di Tokyo, una copia colorata della ben più famosa torre parigina: molto bella la vista dall’alto della città. Palazzi e grattacieli a perdita d’occhio. Seconda tappa il palazzo imperiale: una breve passeggiata nei giardini, ovviamente curatissimi, che lambiscono le mura del palazzo. Una specie di oasi nel caos della city. Ultimo step Asakusa Kannon Temple, il tempio buddista più grande e famoso di Tokyo.
La cosa più incredibile è che in tutta la città non ci sono cestini. Ognuno, e si parla di milioni di persone, si porta a casa l’immondizia: così si ottimizza anche la gestione dei rifiuti. Per quanto riguarda le sigarette il problema è stato risolto alla radice: anche all’aria aperta ci sono le zone fumatori. Non si può passeggiare fumando: la cenere se no dove andrebbe a finire?
In Giappone la ricerca della perfezione è parte integrante di una cultura: il movimento del samurai, la bellezza del fiore di ciliegio, l’arte della scrittura, la valorizzazione delle persone…
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