L’Intelligenza artificiale, IA, è una grande occasione per lo sviluppo dell’industria 4.0. E’ una rivoluzione che si lega alla trasformazione digitale delle imprese e del manifatturiero, che richiede investimenti e soprattutto un nuovo approccio culturale. Ma cosa dicono gli Esperti?
Ma per quanto le macchine intelligenti possano progredire rapidamente, non potranno mai sostituirsi all’uomo. Ne abbiamo parlato pochi giorni fa assieme a Federico Faggin, l’inventore del microchip, che ha sottolineato come “il progresso dell’intelligenza artificiale negli ultimi 5-10 anni è stato molto rapido. Ma per quanto possano evolvere, le macchine non potranno mai raggiungere la complessità del cervello umano. L’IA sarà sicuramente potentissima nel risolvere problemi specifici, ma la complessità umana è dotata di una coscienza che nessun pc riuscirà mai a possedere”.
Le riflessioni di un uomo di scienza come Federico Faggin ci aiutano a comprendere meglio il futuro dell’occupazione e soprattutto come lo sviluppo tecnologico inciderà sull’industria (e non solo). L’intelligenza artificiale è sicuramente la nuova frontiera della scienza, e non siamo ancora in grado di cogliere fino in fondo quale impatto produrrà sulle dinamiche economiche. Quel che è certo è che siamo ancora una volta nel mezzo di una rivoluzione destinata a mutare il modo di fare impresa delle nostre aziende ma soprattutto una grande occasione di sviluppo.
A questo proposito un gruppo di 52 esperti di alto livello (Hleg) sull’intelligenza artificiale della Commissione Europea ha licenziato e consegnato al neo eletto Europarlamento alcune “Raccomandazioni di policy e investimenti per un’intelligenza artificiale”. Il rapporto sottolinea che l’integrazione di sistemi intelligenti nel sistema produttivo europeo potrebbe spingere l’esitante crescita europea a segnare un +19% (+2,7 trilioni di euro) entro il 2030 secondo le analisi del McKinsey Global Institute. E mai, come in questo caso, l’inerzia o la sottovalutazione delle opportunità offerte dall’IA rischierebbe al contrario di portare ad un deterioramento del capitale di innovazione.
Il documento prodotto dai 52 esperti è strutturato in 33 raccomandazioni articolati su due linee d’azione. La prima punta all’utilizzo della IA per avere impatti positivi in Europa in quatto aree: la società nel suo complesso; il settore privato sia sul fronte B2B che B2C; il settore pubblico e i rapporti con il cittadino e infine il mondo della ricerca scientifica. La seconda linea d’azione punta invece allo sviluppo dei fattori abilitanti di una IA trustworthy in Europa attraverso lo sviluppo di un’economia dei dati e di infrastrutture tecnologiche; lo sviluppo di skill e la formazione; l’elaborazione di governance e regolamentazioni adeguate e infine l’ampliamento dei fondi e degli investimenti disponibili per il settore.
Ed è proprio sugli investimenti che si gioca la partita per la leadership nella ricerca dell’Intelligenza artificiale. Aspetto nel quale l’Europa sconta un ritardo mostruoso rispetto al resto del mondo. Si pensi che in Asia gli investimenti nel 2016 erano a 9,7 miliardi di euro e negli Stati Uniti a 18,6 contro un misero 3,2 miliardi nel Vecchio continente. Per questo gli esperti della Commissione europea si pongono l’obiettivo di creare un mercato unico europeo per l’intelligenza artificiale che abbracci la data economy ma anche il manifatturiero e i servizi al cittadino.
Luciano Floridi, uno dei membri di questo gruppo di esperti, al Sole 24 Ore ha dichiarato: “Le tecnologie basate sull’IA sono ancora tutte da costruire, ma avere una mappa europea su come muoversi e in che direzione fa bene alla società e facilita le aziende. I paesi scandinavi e baltici sono già avanti, ma anche nazioni come il Portogallo si stanno muovendo bene”. Le raccomandazioni del gruppo di esperti Hleg “saranno la pietra angolare per l’utilizzo di sistemi intelligenti di tutte le aziende che operano in Europa”, sottolinea Floridi che è anche direttore del Digital Ethics Lab di Oxford. “Le aziende che seguiranno queste raccomandazioni avranno più possibilità di sviluppare prodotti di alto interesse per gli utenti – aggiunge Chatil Raja un altro membro del comitato di esperti che ha lavorato al report della Commissione – ma molte azioni puntano anche a rafforzare l’ecosistema europee avvicinando startup e grandi aziende”.
Carl Benedikt Frey, storico ed economista e co-direttore dell’Oxford Martin Programme su tecnologia e lavoro, ha appena dato alle stampe “The tecnology trap, capital, labor, and power in the Age of automation”. Nel libro Frey sottolinea che “L’impatto di intelligenza artificiale e automazione sul lavoro è simile a quanto avvenne due secoli fa con la prima rivoluzione industriale in Inghilterra”. Lo studioso sottolinea che la sfida posta dall’automazione richiede investimenti continui in istruzione e re-training. In ogni caso, anche lo storico ed economista inglese riconosce il fatto che – come sottolineato anche da Federico Faggin – vi sono dei paradossi che limitano l’impiego dell’AI, per i quali sarà pur sempre determinante il fattore umano.
“La tecnologia dev’essere al servizio dell’uomo per aiutarlo a scoprire la sua vera natura, non per imprigionarlo in un mondo virtuale privo di significato” con questa citazione Gianni Dal Pozzo, AD Considi, ricorda la sua recente intervista a Federico Faggin “È interessante notare - continua Dal Pozzo - come il fattore umano assume sempre più valore in questo momento storico in cui le macchine, le tecnologie e l’'IA vengono spesso identificati come i protagonisti di un cambiamento che sembrerebbe mettere a rischio il lavoro dell’uomo. In realtà, oggi più che mai, l’uomo è protagonista e artefice di una Rivoluzione Industriale e Culturale in cui proprio la sua creatività, la sua umanità e la sua intelligenza sono le chiavi che guidano l’Innovazioni e che determinano il successo di un’impresa”.
Ed è qui che si gioca la partita più appassionante per la trasformazione digitale delle nostre imprese.
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