Trasformazione digitale: il difficile percorso verso l’Industria 4.0

24 Giugno 2019
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La digitalizzazione della manifattura offre importanti benefici potenziali alle imprese: arricchisce l’offerta industriale di nuovi servizi “intelligenti”, migliora l’efficienza tecnica ed energetica dei processi industriali, aumenta la flessibilità produttiva. Le tecnologie 4.0 servono a prendere decisioni più rapide e precise, a permettere nuove forme di interazione uomo-macchina, a interconnettere l’intera catena del valore interna all’impresa e, potenzialmente, l’intera catena di fornitura”. 

Mantenimento del nostro vantaggio competitivo è un focus essenziale

Nei giorni scorsi il Centro Studi di Confindustria, in collaborazione con il MEF, ha presentato il tradizionale rapporto annuale sull’industria italiana. E’ una lettura consigliata, perché indica in maniera esplicita cosa deve fare il nostro sistema manifatturiero per mantenere il proprio vantaggio competitivo. Che in sintesi si può riassumere con: continuare a investire e soprattutto praticare quella trasformazione digitale che è la vera leva strategica per produrre sviluppo e difendere, appunto, il nostro vantaggio competitivo.

Un vantaggio che però rischiamo di perdere, non solo noi italiani, ma tutta l’Europa, “che – sottolinea il rapporto del CSC - rischia di perdere la sfida globale contro Asia e Nord-America, in particolare per quanto riguarda la leadership nell’offerta di tecnologie abilitanti per la trasformazione digitale dell’industria, e soprattutto nel caso delle capacità brevettuali legate alle ICT”. 

Strategia italiana per incentivare Trasformazione digitale e Industria 4.0

Pur in ritardo rispetto agli altri principali paesi europei, anche il nostro Paese “si è dotato dal 2016 di una strategia di policy di medio-lungo periodo in linea con le best practice internazionali (Piano Nazionale Industria 4.0). La principale misura con cui il Governo italiano ha sostenuto gli investimenti in beni strumentali alla trasformazione digitale delle imprese è stato lo strumento dell’’iper-ammortamento (Grafico C), che si stima abbia riguardato 10 miliardi di investimenti.

Si tratta di una misura importante, che è stata utilizzata prevalentemente dall’industria manifatturiera (sia per numero di imprese coinvolte che per quota degli investimenti attivati). All’interno della manifattura il settore in cui l’investimento è stato maggiore è quello dei prodotti in metallo (26 per cento del totale degli investimenti iper-ammortizzati), seguito dalla meccanica strumentale”.

Focus sui risultati del piano Industria4.0

Nel 2017, quindi, il piano Industria4.0 ha generato 10 miliardi di euro di monte investimenti delle imprese italiane in beni strumentali. Un terzo di queste risorse viene dalle grandi imprese, un terzo dalle medie e il restante dalle piccole. E’ un segnale incoraggiante perché conferma che il piano ha funzionato e messo in moto un processo di trasformazione assolutamente necessario.

Ma non possono essere solo gli incentivi a stimolare quella trasformazione digitale necessaria al nostro sistema produttivo. “La trasformazione digitale delle imprese – sottolinea il rapporto CSC - richiede un supporto multi-livello della politica industriale, che favorisca gli investimenti in tecnologie, un più stretto legame tra il mondo della ricerca e l’industria, la formazione e l’aggiornamento continuo delle competenze”.

Formazione e Cultura digitale: il focus per rendere sostenibile il piano Industria4.0

E non c’è da perdere tempo. Come infatti sottolineano i dati provenienti dall’economia reale arrivano segnali preoccupanti. Nel mese di aprile, ad esempio, si registra il primo calo, dall’inizio dell’anno, per il fatturato dell’industria: -1% rispetto a marzo, che segue la contrazione dell’industria e la stazionarietà dell’occupazione. E anche dalla nostra regione, il Veneto, arrivano segnali preoccupanti. L’ultimo rapporto di Bankitalia sull’economia del Veneto segnala un primo e preoccupante segnale: dopo oltre due anni di espansione complessiva dei prestiti, nel primo trimestre del 2019 torna il segno meno. Soprattutto tra le piccole imprese, in cui la sforbiciata dei finanziamenti nel primo trimestre dell’anno è del 3,8% rispetto all’1,9 che si registra tra le medio grandi.

 “Un processo di questo tipo non può vivere di soli incentivi, ma abbisogna di una cultura del digitale che ancora non c’è e che la manifattura è chiamata ad elaborare in tempi stretti”, sottolinea a questo proposito Dario Di Vico, editorialista del Corriere della Sera sempre molto attento alle questioni della nostra industria nazionale. 

La trasformazione digitale necessita di una nuova Cultura delle persone all’Innovazione

La trasformazione digitale, spiega Di Vico nei suoi frequenti editoriali sul Corriere della Sera, “è destinata a riscrivere le regole del business, a cambiare le gerarchie, ad azzerare i vecchi vantaggi competitivi. Basta pensare a cosa sta succedendo nel mondo della grande distribuzione sottoposto allo shock del commercio elettronico, oppure al settore dell’auto alle prese con le fabbriche del 4.0 e con la difficilissima transizione verso l’elettrico”. 

Un appello che arriva anche dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che ha lanciato l’allarme in occasione delle Considerazioni finali del 31 maggio scorso: “Il sistema produttivo italiano sta rimanendo indietro, e di molto, nella trasformazione digitale. Ai settori che compongono l’economia digitale è oggi riconducibile il 5% del valore aggiunto, contro circa l’8% in Germania e una media del 6,6% nell’Unione Europea”.

Un appello che trova noi di Considi in prima linea e consapevoli dell’importanza di questa trasformazione digitale. E’ qui infatti che si gioca la vera sfida per il futuro del nostro manifatturiero: introdurre nelle imprese una radicale innovazione sui processi e sui prodotti. Modificare la cultura organizzativa delle aziende in un’ottica di Industria4.0 mettendo al centro le persone e mirando a processi produttivi sempre più stabili, flessibili e affidabili.

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