Da anni si dibatte sui molteplici aspetti che interessano una nuova e innovativa modalità di lavoro: lo smart working. Di questi, sono state declinati in questo articolo alcuni punti che aiutano a conciliare la flessibilità e le maggiori performance garantite dal lavoro in remoto con il diritto alla disconnessione.
In alcune realtà aziendali, tale equilibrio viene garantito attraverso soluzioni coercitive -come ad esempio la sospensione dei server mail in determinati momenti- soluzioni che sono comunque facilmente aggirabili quando c’è un minimo di rapporto personale tra colleghi.
La remotizzazione del lavoro rende infatti meno esplicito lo stato di attività: non essendo fisicamente presenti in azienda c’è il rischio che i colleghi vi considerino sempre disponibili. Una chiara condivisione degli orari lavorativi con il resto del team è perciò importante, in modo che tutti sappiano quando siete raggiungibili e quando siete “disconnessi”. Allo stesso tempo, documentare e condividere lo stato di avanzamento del vostro lavoro aiuta a rimanere in contatto con il team e creare trasparenza.
Per approfondire questa tematica, Considi ha sviluppato un libretto dal titolo “Smart Work: il nuovo paradigma del lavoro intelligente” in cui si dibatte sulle varie sfaccettature dello smart working e si prova a dimensionare l’attività contestualizzandola sulle principali funzioni presenti in azienda.
Smart working vs telelavoro
La rivoluzione digitale ha mutato comportamenti, aspirazioni e bisogni delle persone che chiedono sempre più flessibilità dal proprio posto di lavoro… tuttavia l’organizzazione del lavoro è rimasta piuttosto rigida, ferma a stereotipi e pregiudizi di un’era tecnologica ormai superata!
Il termine smart working viene spesso associato al telelavoro, questo spinge le aziende ad applicare procedure e metodologie spesso non corrette e che portano al fallimento dell’iniziativa smart working. Per fare chiarezza, in tabella sono riassunte le macro differenze che distinguono il telelavoro dallo smart working.
La dimensione innovativa dello smart working è stata studiata in molte ricerche, in particolare uno studio svolto dal Politecnico di Milano nel 2017, ha riportato che lo smart working è riconosciuto dalle aziende come tra le sfide direzionali più importanti:
Tuttavia, sono poche le aziende che nei 3 anni successivi effettivamente si sono applicate e hanno tratto benefici nell’attuazione di questa filosofia manageriale.
Smart working, smart worker e smart organization
La recente crescita dell’interesse verso lo smart working -anche se forzata dalla pandemia- ha favorito la riduzione del lavoro in presenza a favore della creazione di team virtuali a cui è seguita la dematerializzazione dell’informazione, divenuta sempre più disponibile e accessibile da tutti. Il passo per giungere all’ubiquità dell’ufficio è ormai fatto: infatti si può lavorare non solo da casa, ma anche da un hotel, dalla sede di un cliente o fornitore, dai luoghi di coworking, etc. Il prossimo passo sarà quello di imparare a distinguere con precisione lo smart working dallo smart worker e dalla smart organization. Questa trilogia fa comprendere che esistono legami circolari tra 3 sfaccettature dello stesso argomento. Questi tre termini si possono così riassumere:
D’altronde è fondamentale che, qualora lo smart working fosse incentivato dalle imprese (inteso diversamente dal telelavoro), occorre che poi sia coerentemente gestito non applicando le stesse regole che si utilizzavano precedentemente, giacché il rischio di un insuccesso manageriale andrebbe ad innalzarsi.
Il diritto alla disconnessione
Il diritto alla disconnessione dalle piattaforme informatiche e dalle strumentazioni tecnologiche deve essere riconosciuto ai lavoratori che svolgono l'attività in modalità smart. Per prima cosa è necessaria la definizione di alcune “fasce di rispetto” durante le quali deve essere vietato organizzare meeting, call e scambi di email. Se prima dello smart working il sabato e la domenica non erano lavorativi, questi giorni devono essere preclusi a mail, riunioni e conference call anche in regime di smart working.
Andrebbe rivista anche la gestione degli strumenti digitali: mentre fino a qualche anno fa le video riunioni erano utilizzate solo da pochi, ora si abusa senza limiti di questo strumento. Ricordiamoci che:
Per una semplice comunicazione tra due persone, basta fare una telefonata.
Per la definizione di un tema non urgente, resta ancora possibile usare la mail o un messaggio
Le video call sono utili ma vanno utilizzate come alternativa alla riunione fisica, non come strumento per riempire in maniera compulsiva la giornata lavorativa.
C’è anche un tema di gestione degli orari, non è sano fissare un’agenda fitta di video riunioni: bisognerebbe lasciare almeno qualche minuto di spazio tra due riunioni, per consentire alla persona di concentrarsi sul nuovo tema.
Infine, per affrontare fino in fondo l’attuazione del diritto alla disconnessione è necessario porsi il tema dell’utilizzo di WhatsApp, il quale rischia di diventare un canale parallelo dove convogliare incarichi urgenti o richieste dell’ultimo minuto.
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